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Prerequisiti del linguaggio: quali segnali e quali strumenti

È frequente che i genitori si pongano dei dubbi sullo sviluppo del linguaggio del proprio bambino. In questo articolo proveremo a chiarire alcuni aspetti di questo argomento e a delineare quali sono i segnali a cui fare attenzione per intervenire velocemente qualora ce ne fosse bisogno. È possibile infatti che un bambino possa sperimentare un ritardo nell’acquisizione del linguaggio e risolvere spontaneamente o persistere nel disturbo e portarlo avanti fino alle scuole elementari, con rischi legati a lettura e scrittura.

Abilità comunicative e acquisizione del vocabolario

Normalmente il bambino comincia il suo processo di acquisizione linguistica già in fase prenatale. I meccanismi sensoriali e cerebrali si sviluppano infatti alla 30esima settimana e uno studio americano dimostra che nelle ultime dieci settimane di “permanenza” nel pancione, il bambino ascolta la mamma parlare e alla nascita può dimostrare di aver sentito. La ricerca ha infatti dimostrato che i bimbi nati da poche ore sono in grado di distinguere i suoni di una lingua sconosciuta da quelli appartenenti a quella nativa. L’acquisizione del linguaggio è quindi un processo che parte da lontano. Se però ci sono aree linguistiche che continueranno a svilupparsi tutta la vita (ad esempio il vocabolario di una persona, che può essere aggiornato con nuove parole ogni giorno), alcune abilità si apprendono in un tempo più limitato. Quando questo non succede ci troviamo davanti ad un ritardo di linguaggio.

Normalmente il bambino segue delle tappe di maturazione linguistica. Non tutti i bambini seguono questo percorso allo stesso modo e con gli stessi tempi, ma vedremo successivamente quali sono i segnali che indicano la presenza di un’anomalia. Le tappe fisiologiche sono queste:

  • nascita: una delle prime modalità comunicative è il pianto, con cui il bambino comunica bisogni fisiologici primari.
  • 2 – 6 mesi: durante questo periodo si stabilizzano le prime vocalizzazione non di pianto e sono dei tentativi che il bambino fa per sperimentare il proprio apparato fonatorio. Si possono ora creare delle proto-conversazioni, dove neonato e genitore alternano suoni e movimenti interagendo faccia a faccia. È possibile che in questi mesi il bambino riproduca suoni che possono appartenere a qualsiasi sistema linguistico (non solo a quello che utilizzano i genitori!). Solo più avanti eliminerà i suoni non necessari per conservare solo quelli della propria lingua. Anche grazie al miglioramento del contatto oculare, il bambino comincerà ad esplorare in maniera più intenzionale ciò che lo circonda.
  • 6 – 8 mesi: tra i 6 e gli 8 mesi, ha inizio la lallazione. Si tratta di una produzione caratterizzata dalla ripetizione di sillabe composte dalla stessa consonante, come “babababa” o “mamamama”. Più avanti, la lallazione diventa variata: il bambino ripete sillabe diverse in sequenza e con diverse combinazioni di consonanti (“patapa”, “batada”)
  • 9 – 10 mesi: il bambino inizia a produrre gesti deittici (indicare, mostrare, offrire, chiedere) che esprimono un’intenzione comunicativa. Questi consentono al bambino di cominciare a comunicare in maniera intenzionale e consapevole e sono importantissimi per il futuro sviluppo verbale. L’89% dei bambini ha iniziato ad indicare entro i 12 mesi di età. In questa fase possono arrivare le prime proto parole o le prime parole onomatopeiche (“brum brum”). A quest’età i bambini cominciano ad utilizzare in maniera semiappropriata gli oggetti.

POSSIBILI SEGNALI DI DIFFICOLTÀ ENTRO I 10 MESI 

assenza della lallazione, prima vocalica poi consonantica entro i 10 mesi

  • 12 mesi circa: in questa fase i gesti si arricchiscono poi dei cosiddetti gesti referenziali come il “fare ciao” o il “non c’è più”. Questi sono gesti più “complessi” perché hanno bisogno di una capacità di astrazione maggiore. Vengono appresi durante le routine di gioco e vengono successivamente utilizzati all’interno di scambi comunicativi. In contemporanea compaiono le prime parole standard, per lo più riferite a familiari o a routine sociali (“mamma”, “ciao”, “sì”, “no”). 

POSSIBILI SEGNALI DI DIFFICOLTÀ TRA I 10 E I 14 MESI: 

assenza di utilizzazione dei gesti (indicare, chiedere, mostrare) a 12–14 mesi

mancata acquisizione di schemi d’azione con gli oggetti a 12 mesi

  • 18 mesi: il vocabolario si amplia sempre più e si verifica il cosiddetto fenomeno dell’esplosione del vocabolario. In questa fase infatti, si acquisiscono parole ad una velocità che non sarà più raggiunta in nessun altro periodo della nostra vita: il bambino può acquisire fino a 40 parole nuove ogni settimana. Come indicato di seguito, uno degli indici di un possibile disturbo o ritardo di linguaggio è quando il bambino possiede meno di 50 parole a 24 mesi.
  • 24 – 30 mesi: in questa fase compare una delle funzioni più importanti per lo sviluppo intellettivo e linguistico del bambino: il gioco simbolico. Fanno parte di questa categoria tutti i giochi di ruolo (il far finta di…), oggetti neutri utilizzati in maniera transizionale (ad esempio far finta che una banana sia un telefono). Sebbene cominci a svilupparsi già prima di quest’età, la cosa importante è che il gioco simbolico in questa fase può essere anche composto da più sequenze: un’altra importantissima caratteristica per l’acquisizione del linguaggio.

POSSIBILI SEGNALI DI DIFFICOLTÀ ENTRO I 30 MESI:

vocabolario ridotto (meno di 20 parole a 18 mesi; meno di 50 parole a 24 mesi)

assenza o ridotta presenza di gioco simbolico a 24–30 mesi;

Ulteriori indici predittivi a cui fare riferimento sono i seguenti:

  • ridotta presenza di sequenze di gioco simbolico tra i 30 e i 40 mesi;
  • ritardo nella comprensione di ordini più complessi a 24–30 mesi;
  • persistenza di parole incomprensibili o di una diffusa incomprensibilità del linguaggio dai 30 mesi in poi;
  • Assenza di combinazione di due parole a 30 mesi.

 

Nel caso in cui si riscontri una delle difficoltà sopra citate, il passo più breve è quello di rivolgersi ad un bravo pediatra. Bisogna stare attenti però: è vero che alcuni ritardi di linguaggio possono evolvere positivamente e risolversi senza interventi specifici, ma è vero anche che tanti bambini arrivano troppo tardi in logopedia proprio perché c’è una tendenza a sperare che il tutto passi da solo e si tende quindi a rimandare l’intervento riabilitativo fino alle soglie della scuola elementare. Un eventuale disturbo del linguaggio può essere riconosciuto precocemente, anche dai due anni e mezzo e la logopedia si presta ad essere applicata anche in bambini molto piccoli. Per cui oltre alla visita pediatrica, che può indirizzare o no verso un approfondimento, ci si può rivolgere direttamente ad un/una logopedista e valutare un percorso di valutazione. Se questa non dovesse evidenziare difficoltà, il percorso semplicemente non comincerà e al massimo si effettueranno dei monitoraggi periodici. Possiamo riassumere i segnali a cui prestare attenzione in questa tabella:

Fascia d’età

Indici predittivi

entro i 10 mesi

assenza della lallazione, prima vocalica poi consonantica

entro i 14 mesi

assenza di utilizzazione dei gesti (indicare, chiedere, mostrare) a 12–14 mesi;

mancata acquisizione di schemi d’azione con gli oggetti a 12 mesi;

entro i 24 mesi

vocabolario ridotto

entro i 30 mesi

assenza o ridotta presenza di gioco simbolico;

ritardo nella comprensione di ordini più complessi;

dai 30 mesi in poi

ridotta presenza di sequenze di gioco simbolico tra i 30 e i 40 mesi;

persistenza di parole incomprensibili o di una diffusa incomprensibilità del linguaggio dai 30 mesi in poi; assenza di combinazione di due parole.

I suoni e i processi

Un’ultima questione è quella riferita allo sviluppo fonetico-fonologico dei bambini. L’acquisizione dei suoni è infatti un altro vastissimo capitolo dello sviluppo del linguaggio. Questo fenomeno segue una sua logica ed è normale, in bambini piccoli, trovare alcuni suoni e non trovarne altri. Alcuni gruppi di fonemi sono infatti più semplici da produrre e arrivano prima. Sono un esempio il suono “m”, “n” o “p” che sono i primi a comparire a 24 mesi. Altri suoni sono più complessi e compaiono più tardivamente come ad esempio i suoni “gn” o “sc” (che compaiono generalmente a 36 mesi) o il suono “r” (che compare a 42 mesi).

Un altro aspetto è quello dei processi, ovvero gli errori che i bambini compiono durante la produzione parlata. Questi possono essere di vario tipo e alcuni esempi più frequenti sono:

  • l’anteriorizzazione (“mucca” che diventa “mutta” o “cane” che diventa “tane”);
  • gli stopping (“ciao che diventa “tao”, “farfalla” che diventa “pappalla”);
  • le cancellazioni di sillaba o suono (“banana” che diventa “nana”);
  • le armonie (“topo” che diventa “popo”, “dorme” che diventa “momme”);
  • le riduzioni di gruppo consonantico (si verificano quando due consonanti vicine vengono omesse o semplificate  “treno” che diventa “teno”, “scala” che diventa “cala”, “spalla” che diventa “palla”).

Questi errori possiamo riscontrarli sempre, in tutti i bambini. Questo perché lo sviluppo del linguaggio è un’attività complessa da apprendere. Generalmente però, tutti questi processi dovrebbero scomparire tra i 3 anni e 7 mesi e i 4 anni di età. Dopo quest’età infatti il linguaggio dovrebbe essere privo di errori. Nel caso questa cosa non si verificasse è opportuno approfondire con una valutazione logopedica tutti gli aspetti linguistici fin qui visti sia per correggere al più presto eventuali errori, sia per evitare che il disturbo di linguaggio si evolva in una difficoltà in lettura o scrittura. I processi di apprendimento legati alla lingua scritta poggiano infatti sulle abilità fonologiche che vengono costruite durante i primi anni di vita.

Strumenti per i professionisti

Alla fine della sezione troverete un link per un file di correzione automatica del questionario ASCB (Bonifacio et al., 2013). Se in caso di valutazione di bimbi che ancora non parlano si pensa spesso (giustamente) al PVB (Caselli et al., 2015), l’ASCB è difficilmente considerato ma è uno degli strumenti più potenti per misurare le abilità socio-conversazionali oltre che a quelle di produzione e comprensione verbale. L’autrice (Bonifacio et al., 2017) riporta infatti:

I bambini late talker con un vocabolario espressivo inferiore alle 50 parole e comprensione nella norma, presentano abilità assertive e responsive immature rispetto ai dati normativi della loro età [...] La combinazione del ritardo espressivo e di una immaturità anche nell’assertività contribuisce a delineare in questi bambini un profilo comunicativo “fragile” che meriterebbe una speciale attenzione da parte dei clinici in quanto bambini candidati a un intervento logopedico precoce”. 

Ecco perché ritengo questo strumento di estrema importanza in fase anamnestica e di valutazione, da abbinare ad altri questionari come il già citato PVB (per i più piccoli) o il CCC (Bishop et al., 2013, versione italiana Di Sano et al.), per bambini più grandi.

Attraverso questo link si può accedere ad un foglio di correzione automatica del questionario ASCB mentre da qui si può scaricare gratuitamente l’articolo della Dott.ssa Bonifacio sull’efficacia dell’utilizzo dell’ASCB nei DSL (approfondito anche nelle storie Instagram).

Bibliografia

Bishop, D. V. M., Saggino, A., Sergio, D. S., Barbieri, M. S., Tommasi, M., & Surian, L. (2013). CCC-2 Children’s Communication Checklist – Second Edition. Giunti OS.

Bonifacio, S., Girolametto, L., & Montico, M. (2013). Le Abilità Socio-Conversazionali del Bambino. Questionario e dati normativi dai 12 ai 36 mesi d’età. Franco Angeli.

Bonifacio, S., Girolametto, L., & Montico, M. (2017). Abilità conversazionali assertive e responsive nei bambini late talker di 24-36 mesi. 159–162.

Bortolini, U. (2004). Test PFLI. Prove per la valutazione fonologica del linguaggio infantile. Edizioni del Cerro.

Caselli, M. C., Bello, A., & Rinaldi, P. (2015). Il primo vocabolario del bambino: gesti, parole e frasi. Forme lunghe e forme brevi del questionario e valori di riferimento per la fascia 8-36 mesi. January 2020.

Degasperi, L. (2018). FON-FUN con AFR: protocollo di Analisi Fonologica Rapida. Fabbrica dei Segni Editore.

Moon, C., Lagercrantz, H., & Kuhl, P. K. (2013). Language experienced in utero affects vowel perception after birth: a two-country study. Acta Paediatrica 102 (2), 156–160. https://doi.org/10.1111/apa.12098

Sabbadini, L. (2013). Disturbi specifici del linguaggio, disprassie e funzioni esecutivehttps://doi.org/10.1007/978-88-470-5349-6

Sabbadini, L., De Cagno, A.G., Michelazzo, L. (2000). Il disordine fonologico nel bambino con disturbi di linguaggio. Springer Edizioni.

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